L’architettura ci stupisce sempre per le sue forme, il rapporto dei volumi, i giochi di luci ed ombre delle facciate. Chi preferisce un’architettura rigorosa e lineare, chi invece un’architettura dalle forme più sinuose con spazi fluidi e movimentati. Ma è l’architettura che sfida le leggi di gravità, che supera in un certo senso i limiti della ragione, che sprigiona leggerezza, quella che ci fa dire: ma come fa? Questa è l’architettura che ci attrae di più.
Toyo Ito,Museo Internacional del Barroco, Pueblo Messico 2016
E proprio in questa direzione hanno operato ed operano tutt’ora diversi architetti. Forme organiche, morbide, fluide, che sembrano scivolare addosso allo spazio definendone le forme. Desiderio di giocare con lo spazio e stupire. Gaudì è stato un maestro delle forme organiche, si pensi a tutte le sue opere a Barcellona; Frank Lloyd Wright nel progetto del Solomon R. Guggenheim Museum introduce una nuova idea di volume e spazio, tutt’ora riconosciuto come uno dei capolavori dell’architettura e patrimonio dell’UNESCO; Eero Saarinen, Toyo Ito e Frank Gehry sono alcuni dei grandi nomi dell’architettura che hanno lavorato con ‘le curve’, spaziando in ogni parte del mondo.
Eero Saarinen, TWA Flight Center, New York,1962
Quando si parla di curve però non si può parlare dell’architettura di Zaha Hadid: esagerata, armonica, fluida e magicamente perfetta.
Architettura curva tridimensionale: come si realizza
Innanzitutto dipende dal materiale in cui si vuole realizzare la costruzione. Se parliamo di struttura in calcestruzzo occorrono casseforme per modellarne le superfici. Ma non casseforme qualsiasi.
Prendiamo ad esempio proprio Zaha Hadid, nota per l’applicazione delle più avanzate tecnologie costruttive nella realizzazione delle sue opere, allo scopo di comporre nuovi paesaggi urbani.
Zaha Hadid, Stazione Marittima, Salerno, 2016
Nella Stazione Marittima di Salerno per realizzare le curve tridimensionali sono state utilizzate le casseforme in polistirolo Arbloc
L’edificio architettonico, per la maggior parte in calcestruzzo a faccia a vista, rappresenta l’esito di un lavoro complessi dove arbloc ha dato il proprio contribuito con la fornitura delle casseforme di polistirolo espanso rivestito per il getto delle curve tridimensionali sia delle pareti che della copertura. Proprio la copertura è una superficie di 2.286 metri quadrati dove nessun punto è uguale all’altro.
Casseforme in polistirolo per l’architettura
Abbiamo parlato di casseformi in polistirolo, elementi necessari quando ci troviamo a dover realizzare forme curve, articolate e complesse. Grazie ad infiniti sistemi di modellazione e posa in opera si possono realizzare forme sia per interni che per esterni.
Scala hall Hotel, Berlino
Con le casseforme Arbloc è possibile realizzare lavori su disegno e manufatti in cemento armato. Dal restauro all’edilizia moderna, dalla riproduzione alle nuove espressioni in architettura: cornicioni, archi, volte, loculi, colonne, scale, pareti a faccia vista, elementi personalizzati e su misura.
La forma del calcestruzzo è data dal polistirolo espanso ad alta resistenza, che può assumere sezioni anche complesse attraverso il taglio a controllo numerico. Come per le casseformi tradizionali si può poi lavorare sull’aspetto estetico esterno del calcestruzzo, grazie al rivestimento e dai rinforzi in vari materiali che conferiscono aspetti diversi alle facciate.
Una parola ai progettisti: Arbloc è un’azienda che produce casseforme per edilizia in polistirolo espanso rivestito pensate per risolvere casi di carpenteria complessa, conciliando praticità e cura del risultato estetico. All’interno dell’azienda i tecnici mettono a disposizione la loro competenza per seguire con professionalità progettisti, cantieri e maestranze.
Se parliamo invece di architettura in acciaio, o con uno scheletro portante in travi, anche in legno, la parte strutturale sarà composta da travi che necessitano poi di ulteriori pannelli di rivestimento per creare un aspetto continuo. Qui non si parla quindi di casseforme ma di calcoli statici e giochi da ingegneri.
L’architetto Frank Ghery nella sua carriera ha sperimentato entrambe le soluzioni.
Frank Ghery, Vitra Design Museum, Weil am Rhein, 1989
Frank Ghery, Fondazione Louis Vuitton, Parigi, 2017