Da lì mi sono prontamente infilata nel cubotto grigio che è risultato essere uno studio per una moderna cucina in acciaio, chiamato Materia Informata di Alberto Torsello con ABIMIS, che vuole rendere il concetto di arte culinaria attraverso questa vera e propria indistruttibile scultura metallica.
Poi sono salita sulla magnifica Scale Infinite di dRMM con American Hardwood Export Council, un’interpretazione site-specific di Endless Stair, sorprendente scultura composta da un intersecarsi di scale presentata al London Design Festival del 2013.
In questa versione, sei rampe in pannelli di legno tulipier a strati incrociati (Xlam) sono assemblate dinamicamente in forte contrasto con il chiostro della Ca’ Granda. Da lì mi sono goduta il panorama dell’intera università, cercando di non ricordare che soffro di vertigini! Vi invito a cercare nel web con l’hashtag #ScaleInfinite.
A questo punto consiglio a tutt* una pausa! Una caratteristica che adoro di tutti gli allestimenti della Statale è che, ogni anno, non mancano mai diverse postazioni con sedute particolari. Tra tutte quelle proposte ho scelto queste Exploding Chairs di Simone Micheli, che vengono descritte come immobilizzate nell’attimo dinamico di un’esplosione. Le sedute realizzate da Nieder con illuminazione led Welding ne evidenziano la natura ibrida e poetica: sono complementi d’arredo innovativi tra sistema urbano e mondo naturale, intrecciando pieni e vuoti, incorporando luci e ombre, e forse raggiungono il loro massimo la sera!
Un altra installazione che ho particolarmente apprezzato è stata Nutrire la Terra del gruppo di architetti italiani ARCHEA, per i quali ho decisamente un debole.
Nella realtà si tratta di 10 grandi alberi stilizzati di forma conica in legno e bambù lamellare che formano una sorta di navata naturale. Si crea un interessante parallelo con gli archi acuti delle chiese gotiche e l’intreccio delle chiome in un bosco. E’ un omaggio alla terra sfruttata dall’uomo e un richiamo allo scambio ciclico che sostiene l’ecosistema: gli alberi definiscono lo spazio architettonico e sottolineano, con le chiome svasate, la necessità comune a ogni essere vivente di raccogliere nutrimento dall’ambiente e restituirlo in forme differenti. Mi ha molto ricordato il tema esaminato da Sebastião Salgado, di cui vi avevo parlato nel post riguardante la sua mostra a Venezia.
Infine arriviamo al progetto che ho più apprezzato: Windowscape dell’Atelier BOW-WOW!
In uno spazio simile a un tunnel e delimitato solo da finestre il visitatore percepisce in modo frammentato e mosso, come in un caleidoscopio (Kaleido-WINDOW), le immagini e la luce che provengono dall’esterno. Un luogo incantato, che moltiplica e trasforma la percezione dell’esterno, sottolineando il ruolo di soglia e, al contempo, di apertura svolto dalle finestre nel progetto architettonico. E’ stato molto divertente scattarsi un numero infinito di selfie, che preferisco non rendere pubblici (mi capirete!)
I progettisti non hanno tralasciato nemmeno il ruolo culturale dell’installazione e hanno perciò indagato nelle loro ricerche, attraverso lo spazio interattivo: video-interviste, un libro e parti del libro stesso disponibile in grandi blocchi, da staccare e portare a casa.
Un altro gruppo di architetti da me praticamente venerato sono gli MVRDV. Li trovo semplicemente geniali. Potrete immaginare la mia gioia e il mio stupore quando ho visto l’installazione da loro allestita nell’atrio dell’università: Vertical Village. Si tratta dell’elaborazione di un modello di città vivibile che asseconda lo sviluppo verso l’alto: un villaggio verticale, composto da piccoli nuclei abitativi che garantiscono le relazioni umane e che, nel contempo, lasciano posto a spazi verdi e a luoghi d’incontro. L’installazione è composta da 77 grandi cuscini a forma di piccole case, tutte differenti tra loro.
All’esterno troneggiava primarchitettura di Walter Maria de Silva con lo sponsor di Audi.
Un padiglione dalle pareti candide con un fronte rivestito da una quinta traforata secondo un motivo dericato da un software parametrico, che genera effetti di movimento. L’interno invitava alla scoperta di uno space frame sperimentale che si riflette in grandi pareti specchianti, a significare la riproducibilità dell’oggetto industriale.
I due cortili invece quest’anno emanavano tranquillità. Il primo allestito con Sliding Nature di Torafu Architects con Panasonic. Si tratta di un padiglione le cui pareti scivolano calme e silenziose seguendo un ritmo e uno schema dato dalle carrucole metalliche. Tutt’intorno dei “cespugli” di lampadine.
Il secondo cortile invece, da cui si accede passando accanto ad un tavolo di 70 metri allestito da Lavazza in onore dei 60 anni della rivista Interni, propone la Stone Forest di Kengo Kuma & Associates.
Una composizione di moduli in marmo di Carrara che richiama le tradizionali tecniche giapponesi delle costruzioni in legno, con l’intento di replicarne il senso di leggerezza e l’effetto di artigianalità. La sapiente disposizione dei moduli lapidei (sezione 9X9 cm) genera una maglia strutturale differenziata in grado di supportare l’intera costruzione. La forma tridimensionale multipla della composizione consente di scoprire prospettive sempre differenti e visioni inattese.