Oggi siamo a Venezia, nell’isola della Giudecca per osservare e commentare il bellissimo e rinomato intervento residenziale di Cino Zucchi, vera e propria meta turistica per gli appassionati del settore e gli addetti ai lavori. Composto da cinque diversi interventi, realizzati tra il 1999 e il 2002, uno soltanto è frutto di un riuso di edificato preesistente, di edilizia residenziale, l’edificio D.
Zucchi e il suo studio hanno reinterpretato il tema della residenza tradizionale cercando di far combaciare la tradizione e la storia che trasuda da Venezia e una visione più moderna. L’edificio ha una forma quasi cubica ed è collocato in un lotto d’angolo tra due canali interni, con affaccio principale a sud, formando una corte semiaperta.
Esso si relaziona con un complesso industriale preesistente, di cui oggi rimane una ciminiera in mattoni a vista, con sezione circolare. Sono però i materiali che hanno un ruolo specifico di caratterizzazione dell’intervento. Come trait d’union con la tradizione edilizia veneziana viene mantenuto l’uso di muratura portante e un ritmo di pieni e vuoti in prospetto che ricorda la tipica scompostezza casuale veneziana.
Le facciate verso l’acqua sono intonacate con tonachino di calce area non verniciato di colore grigio. L’intero prospetto è scandito dalle aperture che sono di tre diversi tipi: la finestra quadrata ad anta singola, le porte finestre a due ante e quelle a tre ante, la cui disposizione variegata è possibile solo grazie all’inserimento di cordoli in calcestruzzo armato che garantiscono una omogenea ripartizione dei carichi.
L’elemento che però domina in prospetto sono le finestre ad anta singola, bordate dalle campiture bianche delle cornici: sono rivestite con lastre in marmorino bianco di 50 cm di larghezza, che riprendono il classico gioco tra architrave, davanzale e imbotte in pietra d’istria delle classiche aperture veneziane. Il filo esterno delle cornici è coincidente con lo strato d’intonaco e questo permette che esse svolgano appieno la loro funzione decorativo-evocativa.
Le imposte sono alla vicentina, ossia in legno Hemlock verniciato opaco, che si chiudono a libro, anche se in questo caso non si dispiegano lungo la facciata ma su se stesse.
La facciata verso terra invece si differenzia completamente. Essa vuole figurare come il cuore del cubo che è l’intero complesso, al cui centro si trova l’ingresso principale. Il colpo d’occhio è un velo candido che si stende sull’intero edificio, bellissimo se illuminato dal sole.
Lo spazio si dilata e si astrae dal contesto veneziano, così radicato invece nelle facciate sull’acqua. Le aperture qui sono semplici forature, senza cornici, senza vetri a filo esterno, ma con un arretramento del piano della vetratura e con davanzali quasi invisibili senza gocciolatoio.
La copertura è costituita da un tetto a doppia falda, in rame, dissimulata dietro i parapetti in acciaio zincato, che vorrebbe far credere ad un tetto piano.
La bordatura scura che si viene così a creare in facciata è ben evidente anche a distanza, sul lato verso l’acqua; mentre sul lato verso terra è del tutto invisibile e si nota solo da una prospettiva più ravvicinata. Le foto parlano da sé e descrivono questo edificio in tutta la sua grandiosa semplicità.